Sindrome da burnout “alimentare”: che cos’è

Il rischio di uno stress può dare vita alla ben nota “sindrome da burnout“, ovvero una forma di esaurimento fisico e psichico che si è notato per la prima volta nelle persone che svolgevano lavori emotivamente pressanti, come pompieri, forze dell’ordine, medici e insegnanti, assistenti sociali e psicologi.
Tale sindrome ha un esito patologico ed è legata allo stress causato dal doversi confrontare ogni giorno con persone e situazioni difficili a livello psicologico. E’ quindi una sindrome strettamente legata e studiata come forma di stress lavoro correlato, che colpisce chi, alla lunga, non riesce più a distaccarsi dalle situazioni difficili che lo spingono a un costante confronto interpersonale.

sindrome burnout classica

Tuttavia, oggi si parla di sindrome di burnout da pandemia. L’impatto psicologico della pandemia di Covid ha avuto gli stessi effetti della classica sindrome di burnout anche in quelle categorie che non svolgono questo tipo di lavori.  Insomma, lo stress da pandemia avrebbe le stesse caratteristiche di una sindrome da burnout, con fenomeni di depersonalizzazione, alienazione, depressione.

SINDROME DI BURNOUT ALIMENTARE: ESISTE DAVVERO?

Ma c’è anche un altro risvolto della sindrome di burnout da pandemia: l’aspetto alimentare. Tanto che oggi si parla di “burnout alimentare“, un fenomeno che porta al rifugiarsi nel cibo nel tentativo di ridurre la tensione continua data dagli esiti sociali e personali della pandemia. Il burnout alimentare si caratterizza quindi per un rapporto viziato con il cibo, per la scelta di alimenti ricchi di calorie noti come “comfort food”, per un maggiore consumo di alcol.

Al tempo stesso, dato che il periodo stressante della pandemia non accenna a risolversi, la costante preoccupazione per il nostro futuro ci rende insofferenti alla ripresa delle buone abitudini alimentari.
Si rimanda quindi a un “dopo” il momento in cui ci si prenderà cura del proprio corpo.
Ma è veramente così allarmante il fenomeno?

I PROBLEMI NELL’IDENTIFICAZIONE DI UNA SINDROME DI BURNOUT ALIMENTARE

Nì.

  • Innanzitutto è assolutamente normale desiderare alcuni alimenti o determinati piatti quando ci si sente stressati, proprio perché alla lunga lo stress mina la nostra salute. Dal punto di vista evoluzionistico, il nostro cervello non è cambiato da quello dei nostri antenati. Ci sentiamo sotto attacco, e di conseguenza il nostro cervello cerca di ottenere maggiore benessere da tutti quegli alimenti che favoriscono il rilascio di dopamina.
    Non è affatto strano quindi rifugiarsi nella cucina, pensare ai piatti della propria infanzia, mettersi a fare pane e pizze in casa, desiderare dolci, volere passare le serate a mangiare pizza guardando la tv anche quando si ha la possibilità di uscire.
  • Altra cosa da non sottovalutare è che non esistono dei tempi uguali per tutti per uscire da una situazione che ci ha logorato. Alcune persone possono reagire subito, altre ci metteranno mesi e oltre.
  • Parlare in toni allarmistici di qualcosa che è fisiologico inoltre può portare a una maggiore insofferenza. Siamo circondati da notizie allarmanti, e in base a questa considerazione saremo poco propensi a considerare motivo di preoccupazione anche la maniera in cui mangiamo.
    burnout dieta
  • Potrebbe essere persino controproducente, spingendo le persone a isolarsi ancora di più perché si agisce sul loro senso di colpa. L’ovvia conseguenza è di farle sentire inadeguate e persino mostruose nella loro voglia di cibi che non sono considerati sani secondo la norma.
  • D’altro lato, ovviamente sappiamo bene che l’obesità è considerata oggi a tutti gli effetti una patologia.
    E che in qualche modo denunciare il fenomeno può essere utile a prevenirne gli esiti peggiori, come il binge-eating, forme di dipendenza da cibo o da alcol. Ma anche in questo caso, la responsabilità non può semplicemente essere scaricata sul singolo, bensì sono le autorità che con campagne di informazione adeguate possono sensibilizzare l’opinione pubblica.

Cosa possiamo fare noi?

  • Innanzitutto non colpevolizzarci per i nostri desideri di cibo, per il fatto che non desideriamo fare attività fisica o altro.

    Come ho detto, non esiste una pillola magica che può liberarci dallo stress della pandemia in modo automatico né si può pensare che ci sia un tempo per reagire al burnout alimentare che sia lo stesso per tutti.

  • Possiamo invece provare strategie alternative per ridurre la tensione che di norma non devono riguardare la dieta.

    Per esempio fare pilates, yoga, meditazione, imporsi di uscire per una passeggiata almeno una volta al giorno, farsi una coccola come una maschera di bellezza o ancora passare del tempo con gli amici più cari ove possibile. E soprattutto riposare.

  • Al tempo stesso, può essere utile ripensare alla maniera in cui cuciniamo.

    Per esempio utilizzando gli “swaps” (leggi qui cosa sono), i trucchi di cucina light che sono facilissimi e ci permettono di preparare gli stessi piatti con molte meno calorie.
    Proviamoci senza farla diventare una fissazione.

  • E soprattutto: no alle soluzioni drastiche!

    Pensiamo al corpo come a un amico che sta soffrendo molto, che ci ha aiutato in tantissime occasioni, a cui vogliamo bene. Cosa faremmo se questo amico venisse da noi in lacrime nel bel mezzo di una crisi? Gli diremmo mettiti a dieta subito, guarda come sei diventato, o per prima cosa lo abbracceremmo?