Sfogo di Benedetta Rossi e la critica dei gastrofighetti

Non si arresta la vicenda iniziata dal video Tik Yok di Benedetta Rossi, in cui la nota blogger, influencer, cuoca, autrice e conduttrice, ha spiegato, in preda alle emozioni, il problema che si è venuto a creare con i cosiddetti “gastrofighetti”. Poiché ho visto il video quando è stato caricato e conosco le dinamiche che hanno portato Benedetta Rossi a parlare in questo modo, vi spiego precisamente cosa è accaduto.

Premetto dicendo che sono d’accordo con lo sfogo di Benedetta Rossi e che la situazione non andrebbe minimizzata.
Vediamo in dettaglio.

Lo sfogo di Benedetta Rossi e la critica dei gastrofighetti

Facciamo un’altra premessa. Rossi non dice di essere stata insultata, ma criticata, e di essere abituata alle critiche.
L’oggetto del video infatti non erano le critiche alla sua cucina o alla sua persona. Bensì, il problema dei cosiddetti “gastrofighetti”. Si tratta di un nome che indica un tipo di persone che, in base a delle nozioni, spesso rigide, su cosa si debba intendere per cucina, distinguono la vera cucina dalla falsa cucina, prendendo nei loro video o commenti di mira tutte le persone, influencer o no, professioniste o meno, che postano ricette.

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Le pretese dei gastrofighetti non sono sbagliate in assoluto, ma tutto dipende dalle argomentazioni.

In genere, una videoricetta viene da loro presa a esempio per criticare l’esecuzione di un piatto dal punto di vista o della tradizione (no alla carbonara che non sia senza guanciale, tuorli, pecorino) o dell’esecuzione. Di recente, uno chef influencer su Tiktok aveva criticato l’esecuzione del Pan di Spagna di Benedetta Rossi, ma certo non è stato l’unico a farlo.

Ora che sapete la premessa dello sfogo, cerchiamo di capire cosa ha detto e cosa voleva intendere esattamente Benedetta Rossi.

I chiarimenti di Benedetta Rossi

Quello che spiega Benedetta Rossi lo si può capire solo stando sui social. E soprattutto, leggendo i commenti. Lei non dice che non può essere criticata, dato che precisa fin da subito di essere aperta alle critiche e di non avere mai voluto insegnare a nessuno a cucinare. Infatti, espressione tipica di Benedetta Rossi è “io lo faccio così”, alla fine di una ricetta, a cui in genere segue domanda “e voi come lo fate?”. Rossi in pratica utilizza un approccio alla cucina di tipo pratico e informale. Le sue ricette e così i suoi video non sono lezioni di cucina; il suo target sono persone che praticano la cucina per quello che è, cioè fare da mangiare.

Ora: noi possiamo pensare alla cucina in modi diversi. Cucina come tradizione e quindi storia, cucina come un “saper cucinare”, e quindi con attenzione all’esecuzione, alta cucina, che prevede anche sperimentazione, cucina fusion e via dicendo.

Questa è cucina!

Ma, di base, per cucina si intende quello che si intendeva da quando l’uomo ha scoperto l’utilità del fuoco, in modo del tutto accidentale. Ovvero: fare da mangiare.
La cultura, l’identità: tutte belle cose, per carità. Ma vengono dopo quella che è innanzitutto un’esigenza.
A stomaco pieno possiamo parlare tutti meglio, anche di cultura. In un certo senso lo diceva anche Marx.

Questo non significa fare cose orrende, significa intendere la cucina innanzitutto a partire dal suo significato fondamentale, come una pratica comune a tutti gli esseri umani, e, come proto-cucina, presente persino nel regno animale. Da questo punto di vista, la cucina è e deve rimanere un terreno neutrale, un territorio democratico in cui quello che conta è fare da mangiare, preparare da mangiare, magari qualcosa di gustoso per chi mangia, non per chi sta a guardare. Tutto qua.

La cucina è insomma la prima forma di pratica casalinga.

Questa pratica fondamentale va DIFESA per le seguenti ragioni. Innanzitutto perché è, come ho detto, democratica. Tutti possono cucinare. Io posso avere ingredienti poveri o economici e fare lo stesso una pizza. Io posso permettermi di usare la pancetta, ma fare comunque una carbonara.
La tradizione, da questo punto di vista, è invece una documentazione storica che si abbina a un piatto. Anche questa va difesa, ovviamente, perché ci rimanda alla cucina nel senso di tramandare saperi legati ai territori. Ma questo aspetto non deve mai e poi mai essere superiore al precedente proprio per un fatto etico, anzi tre.

  1. Il cibo non va buttato.

  2. La cucina non deve essere legata a un’elite, in nessun senso.

  3. Meglio provare a cucinare che essere schiavi di piatti pronti, rosticcerie, gastronomie, industrie.

    Sia per un fatto economico che per un fatto di salute.

Il problema che tira fuori Benedetta Rossi è questo: si sta facendo elitarismo della cucina. E questo non è giusto.

Il gastrofighetto non dà lezioni di cucina nove volte su dieci. Si espone pochissimo.
Preferisce criticare chi ci mette il cuore e la faccia, soprattutto se popolare.
Ma il problema non è neanche quello.

Il problema è la conseguenza che l’essere gastrofighetti comporta sui social.

Lo sfogo di Benedetta Rossi infatti si concentra su questo punto. Da quanto dice, a lei non importa di essere criticata, dato che non ha pretese di voler insegnare nulla. A lei ferisce che a essere criticate siano tutte le persone che la seguono. Queste sono criticate per ragioni di reddito.
Diventano le persone che comprano la farina al supermercato, che comprano la vanillina in busta e non il baccello di vaniglia Bourbon, che usano la pancetta per la carbonara perché un buon guanciale magari costa. Che insomma hanno il problema di combinare il pranzo e la cena a casa loro. E per questa ragione vengono spinte a vergognarsi.
Ora: se un giorno io voglio farmi la carbonara con la pancetta saranno pure affari miei. Anzi, saranno pancette mie.
Idem se voglio fare il ciambellone con la vanillina. Sempre cucina è, perché di base la cucina è quella che ho spiegato al primo punto, ovvero il fare da mangiare. Perché si mantenga democratica, tutti gli altri usi e significati di cucina vengono dopo sia storicamente che per importanza.

Questa cosa si applica anche al discorso dietetico.

Il fighetto dietetico e il gastrofighetto puntano sul distinguersi, non sull’informare: e creano scie di followers che commentano in modo acido ogni video in cui una persona a dieta mangia fette biscottate (sei pazza? E l’acrilammide?) o si fa una insalata di pomodori (eh, ma non sono bio!).
La pizza rustica con il tonno in scatola? Eh no, devi andare direttamente alle tonnare e farti incartare del tonno appena pescato, poi pulisci, spelli, fai bollire con aromi e aceto, sterilizza i vasetti, usa olio extra vergine delle colline toscane e solo dopo che ti sei fatto il tuo tonno in scatola puoi fare la pizza.
Prima no. Anche la pasta sfoglia devi saperla fare tu, incassando il burro da centrifuga minimo 80%. Se usi una pasta sfoglia da un euro sei un poveraccio. Non puoi permetterti niente.
Ovviamente, e lo dico per chi non vuole capire: non ci sta nulla di male né a volersi migliorare in cucina, né ad avere tempo ed energie per fare una coulis dal gambo di sedano della settimana prima, né di avere soldi per mangiarsi la pasta con il burro di malga nocciolato e la colatura di alici di Cetara.

Quindi il problema dello sfogo di Benedetta Rossi è il giudizio.

Questo volersi distinguere dalla “plebaglia” che non sa mangiare, non sa gustare e non sa cucinare. Salvo poi lamentarsi che la stessa preferisca ingurgitare un panino del MacDonald’s nella solitudine della propria macchina. Della serie: non vi sta bene nulla.

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Il risultato è che chi segue Benedetta Rossi diventa per estensione la fascia debole, casalinga e disprezzabile, che segue Rossi solo perché si arrabatta in cucina e non saprebbe apprendere dal fior fiore dei cuochi italiani. Altrimenti senza dubbio passerebbe tutto il giorno a studiarsi le ricette dell’Artusi. Che tra parentesi la carbonara non la cita, facendo quindi protendere per l’ipotesi che il piatto fosse un acconciare bacon, uova in polvere e pasta, non tanto per fare contenti i soldati americani, quando perché i soldati americani portavano quello con loro.

E in assenza di meglio si cucina con quello che si ha, sempre perché il primo significato di cucina, fare da mangiare, vince su tutto.

Il gastrofighetto, così come il fighetto salutista, è l’emblema del capitalismo che ingloba ogni dimensione della vita umana, e che gode nel creare una guerra tra poveri al grido di “io sono meglio di te”.

Anche le critiche sul fatto che Benedetta Rossi si sia costruita una fortuna sfruttando i poveri non regge per niente.
Innanzitutto perché guardare una ricetta dal blog o dai suoi video è gratuito: e in un web pieno zeppo di influencer meglio premiare chi basa la sua popolarità su un lavoro di anni che non sulle recensioni di ristoranti in cui non paga lui, ma gli altri.
Per questo ogni persona intelligente che vorrebbe meno capitalismo e più umanità nella sua vita dovrebbe capire e appoggiare lo sfogo di Benedetta Rossi.