L’indice di palatabilità: la strategia che ci rende grassi

Questo perché in media gli uomini hanno assunto 1500 calorie giornaliere in più rispetto al loro fabbisogno calorico giornaliero (fonte). Ed è successo perché alla fine le preferenze dei soggetti si sono naturalmente spostate verso i cibi industriali sotto l’appellativo di comfort food, cibi ad alto indice di palatabilità.
Nei successivi studi si è verificata la stessa identica cosa, se non peggio. I nativi americani coinvolti nello studio hanno mangiato per esempio 1600 calorie in più. Le donne native americane, non necessariamente magre come nel primo studio, hanno mangiato in media il 27% di calorie in più, e quelle già sovrappeso sono ingrassate il doppio. Motivo? Hanno scelto il doppio dei cibi grassi.

Aggiungiamoci che dal 1889 al 2009 solo in America il consumo di cibo industriale o “mangiato fuori”, cioè non preparato a casa, è salito del 40%. (fonte). Adesso siamo nel 2016: chiedetevi quanto del cibo che mangiate sia prodotto da voi, partendo da cibo naturale (verdura, carne, pesce) o di fattoria/aziende locali (formaggi locali da caseifici, per esempio) e quanto invece avete snack, merendine, biscotti, cibo preconfezionato.
Che cosa ci dice questo?
Che tendiamo ad assumere cibo industriale non solo per la sua comodità: lo scarti e lo mangi, lo riscaldi e lo mangi. Lo scegliamo spesso per la sua gradevolezza, o palatabilità, uno strumento che i produttori conosco bene per spingerci a mangiare di più, creare insomma una forma di dipendenza.
E questo, senza che ce ne rendiamo conto, significa assumere più calorie sotto forma di cibi disidratati, più zuccherini, salati e grassi.
Dunque riflettere sulla qualità del cibo che scegliamo è anche un modo per tenere sotto controllo il range calorico.