Nuovo paradosso dell’obesità: mangiamo meno ma ingrassiamo

Siamo in media più grassi rispetto a un tempo, anche solo rispetto a cinquant’anni fa. Ma mangiamo di meno.

E ci muoviamo di più. Come è possibile? Si parla di un nuovo paradosso dell’obesità. Le persone non solo sono più grasse in età adulta rispetto ai loro genitori alla stessa età, ma sempre più bambini nascono già con problemi di obesità o peso in eccesso.

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L’ipotesi finora più accreditata su questa tendenza è sempre stata che mangiamo di più e ci muoviamo di meno.
In base a tale ipotesi, sempre più persone si mettono a dieta, riducono le calorie e provano a fare attività fisica. Eppure, continuano a ingrassare. Ma perché?

Nuovo paradosso dell’obesità: mangiamo meno ma ingrassiamo?

Stando a una nuova ricerca apparsa sul The American Journal of Clinical Nutrition, questa ipotesi di un eccessivo introito calorico sarebbe scorretta.
Infatti, secondo uno studio dal titolo “Perspective: Obesity—an unexplained epidemic” del dr Mozaffarian dell’Università Tufts di Boston, questa ipotesi proveniva in origine dai dati raccolti sulla popolazione statunitense a cavallo tra il 1960 e il 2000.

Dopodiché, tuttavia, a partire dagli anni 2000 si è registrata una controtendenza.

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Le persone hanno iniziato a mangiare meno, e sebbene i dati non vadano presi in modo assoluto, indubbiamente per avere un tale aumento della media di peso a livello pandemico, l’introito calorico dovrebbe essere davvero alto. I dati più accurati provengono dagli Stati Uniti e dalla Fao. Da essi, andando a guardare gli ultimi venti anni, non si registra un aumento delle calorie giornaliere pro-capite. Tutto il contrario.

Stando al database di NHANES, ci sono state oscillazioni verso il basso o fasi di stallo, in cui la media calorica giornaliera era di 3677 calorie. Di certo, negli ultimi vent’anni l’adesione delle persone a programmi di attività fisica è aumentata. Ma, nonostante questo, la linea che indica l’aumento di peso va nettamente verso l’alto.

Come si spiega il nuovo paradosso dell’obesità?

La prima ipotesi è che i dati che attestano la media delle calorie giornaliere non siano corretti. E allo stesso modo si può pensare che esistano errori sull’aumento dell’attività fisica giornaliera. Ma fondare una ipotesi sulla speranza che i dati raccolti da organizzazioni come la Fao siano sbagliati non è un’argomentazione molto solida.

C’è bisogno di una nuova spiegazione che tenga conto di altri fattori che hanno potuto contribuire, nel complesso, all’aumento di peso, tanto da parlare di obesità come nuova pandemia.

Questi fattori potrebbero essere:

  • il cambiamento climatico e la maggiore esposizione a sostanze inquinanti;
  • problemi metabolici di tipo intergenerazionale, ovvero trasmessi dai genitori ai figli;
  • peggiore qualità alimentare, al di là delle calorie;
  • un fattore intestinale che ha portato sempre più persone a soffrire di stati infiammatori;
  • elementi di natura immunitaria o endocrinologica, a loro volta causati d altro.

Un approccio multicausale e multifattoriale (non esiste una sola causa, ma tante che nel complesso generano il problema), unito a un approccio multidisciplinare (che tenga in conto studi sullo stress percepito, le conseguenze dell’impatto ambientale, della lavorazione industriale del cibo, eccetera) sono essenziali per arrivare a capo dell’enigma.